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28 febbraio, Giornata Mondiale delle Malattie Rare: noi ci siamo!

“Ogni vita umana è unica, e se la malattia è rara o rarissima, prima ancora è la vita ad esserlo” (Papa Francesco).

Sono definite malattie rare perché ognuna di esse interessa non più di 5 individui ogni 10mila, ma se ne conoscono tra le 7mila e le 8mila e probabilmente ne esistono anche di più: grazie alle nuove tecnologie di laboratorio, infatti, si riscontrano patologie correlate ad anomalie genetiche non segnalate in precedenza. Basti pensare che ce ne sono alcune così rare i cui casi al mondo si contano sulle dita delle mani e che a fatica si riesce a dare una definizione diagnostica unica. Infine, si manifestano a qualunque età, dal periodo neonatale all’età adulta.

L’IRCCS Medea di Bosisio Parini è Presidio della rete regionale per le malattie rare. Nel 2018 ha avuto 860 pazienti ricoverati con diagnosi di “malattia rara”.

La diagnosi, dalla clinica al laboratorio
La capacità diagnostica è molto migliorata negli ultimi anni, grazie anche a tecniche di sequenziamento del genoma di nuova generazione: se fino ad una decina di anni fa si faceva un’ipotesi diagnostica ben precisa e si cercava il laboratorio (magari quell’unico laboratorio nel raggio di centinaia di km!) in grado di analizzare il presunto gene responsabile della patologia (analisi che poteva richiedere anche 1 o 2 anni), oggi ci sono apparecchiature in grado di analizzare in poche settimane fino a circa 6.000 geni. Le analisi genetiche – anche se purtroppo i costi sono ancora molto elevati - vengono sempre più richieste: “C’è stato un boom di sequenziamento genetico di nuova generazione ma, attenzione, non dobbiamo rischiare di non guardare più il paziente”, sottolinea la Dottoressa Grazia D’Angelo, Responsabile dell’Unità di Riabilitazione della Malattie Neuromuscolari e referente del Presidio della Malattie Rare dell’IRCCS Medea di Bosisio Parini.

L’esordio, dall’età pediatrica a quella adulta
Circa il 70% delle malattie rare interessano l’età pediatrica e si tratta per lo più di sindromi malformative. “Presso il nostro reparto ci prendiamo carico delle malattie congenite dell’età neonatale e pediatrica - spiega la dottoressa Susan Marelli, genetista del Medea -. Il quadro è estremamente variegato: si va dalle sindromi di Rett e Angelman a sindromi plurimalformative ancora senza un nome o una causa”.
Ci sono poi le malattie rare neurodegenerative che possono esordire dall’età neonatale all’età adulta, che coinvolgono il muscolo, il nervo ed il sistema nervoso centrale: “presso l’Unità delle Malattie Neuromuscolari facciamo diagnosi e presa in carico lungo tutto il corso della vita dei pazienti, in particolar modo di soggetti affetti da distrofie muscolari, di Amiotrofia Spinale (SMA), delle miopatie congenite, delle neuropatie ereditarie, delle malattie spinocerebellari e dell’ampia famiglia delle paraparesi spastiche: su queste ultime il nostro laboratorio di biologia molecolare è leader nella diagnostica da una decina d’anni a questa parte”, sottolinea la dottoressa D’Angelo.

La presa in carico a 360°
Oltre all’aspetto diagnostico, il tentativo del Medea è una presa in carico globale del paziente, sia bambino che giovane adulto, in tutti gli aspetti che la malattia rara porta con sé: “se abbiamo un quadro dismorfologico con ritardo mentale e del linguaggio, gli step sono quelli di valutare le competenze, conoscere i vari organi coinvolti (per es possono esserci anomalie visive e uditive) e, laddove è possibile, proporre un percorso riabilitativo presso uno dei centri LNF, coinvolgendo anche il territorio, le uonpia etc. Il nostro tentativo è una presa in carico a 360° gradi, anche psicologica, educativa e della famiglia” spiegano le dottoresse D’Angelo e Marelli.

Nuove terapie farmacologiche per la SMA
Anche la ricerca in ambito farmacologico sta compiendo passi importanti. Per esempio, la SMA oggi ha una terapia genica che ha fatto cambiare la storia della malattia: se fino ad una decina di anni fa i bambini che nascevano con una amiotrofia spinale di tipo 1 non uscivano dalla terapia intensiva neonatale e morivano tra il primo e il secondo anno di vita per problematiche respiratorie e cardiache, oggi questi bambini hanno acquisito una certa autonomia, non sono indissolubilmente legati ad un ventilatore, conducono una vita simile a quella dei coetanei, vanno a scuola e partecipano in maniera attiva a diverse attività ricreative: “si tratta di terapie geniche, in alcuni casi fatte da iniezioni intratecali, in altri (più recenti) di terapie assunte per bocca, autorizzate secondo modalità specifiche di monitoraggio clinico e di dispensazione da parte di centri di riferimento e supportate dal Sistema Sanitario nazionale”, precisa la dottoressa D’Angelo.
Tra i centri autorizzati alla prescrizione, il Polo di Brindisi (che ha partecipato alla sperimentazione del farmaco) e quello di Bosisio Parini, entrambi Presidi regionali per le Atrofie Muscolari Spinali.

La vita con la malattia rara: il medico, il bambino e la famiglia
Il lavoro dell’IRCCS Medea è proprio quello di accompagnare i bambini/pazienti e le famiglie lungo tutto il percorso della vita con “la malattia rara”. Il lavoro del medico deve essere sempre legato ad un’alleanza con il paziente/bambino e con la famiglia ma non solo. Il supporto di educatori e psicologi è indispensabile in ogni step della malattia ed il contatto con la scuola è importantissimo per garantire comprensione delle problematiche cliniche e per condividere le difficoltà e garantire la migliore integrazione possibile.

I bambini spesso maturano gli step della malattia meglio dei genitori
Spesso sono molto più bravi i bambini ad accettare la malattia rispetto ai genitori. Per esempio, nella distrofia di Duchenne, il genitore si trova ad affrontare un percorso difficile: il bimbo nasce sano, bello, impara a camminare e accenna anche a correre e poi, verso i 4 o 5 anni, inizia a manifestare fatica. La diagnosi è rapida e purtroppo nel 70% dei casi porta con sé anche la diagnosi di una madre portatrice della mutazione: “nonostante le terapie ad un certo punto questi bimbi non ce la fanno più a camminare e succede molto spesso che il bambino chieda la carrozzina prima della mamma o del papà, perché per lui la carrozzina è un mezzo per poter stare con gli altri. Senza carrozzina all’intervallo a scuola deve stare seduto e guardare i compagni, con la carrozzina si butta nella mischia, gioca e si sente più partecipe” conclude la dottoressa D’Angelo.

Diagnosi, cura, assistenza, inclusione, pari opportunità: c’è ancora molto da fare
“Siamo arrivati alla 15° edizione della Giornata delle malattie rare e di strada ne abbiamo fatta, ma dobbiamo colmare il divario fra la salute e l’assistenza sociale”: è l’appello di Bruno Kullmann, presidente e fondatore dell’Associazione AICa3 onlus, unica associazione europea per la Distrofia muscolare dei cingoli dovuta a deficit di Calpaina 3. “Dobbiamo dare maggior sostegno a livello di occupazione lavorativa, inclusione scolastica e di supporto da parte dei servizi socio-sanitari. Per un malato la disabilità in Italia costituisce ancora largamente un ostacolo ad accedere alle tappe fondamentali di una vita considerata “normale” e in grado di alleggerire il gravoso fardello della malattia rara”.

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