Nato per dare validità scientifica alla esperienza dell’Associazione La Nostra Famiglia, il 16 novembre l’IRCCS Medea festeggia il quarantesimo. L’appello: occorrono cornici normative a misura di bambino.
Cura, ricerca e innovazione dalla parte dei bambini: è quanto raccontano 40 anni di attività dell’IRCCS Eugenio Medea di Bosisio Parini, riconosciuto il 16 novembre 1985 per dare validità scientifica alla esperienza pluridecennale dell’Associazione La Nostra Famiglia.
“Ricordare questi 40 anni non è solo un momento per fare memoria dell’impegno profuso da tante donne e uomini – ricercatori e clinici – che hanno operato per dare validità scientifica alla cura e alla riabilitazione”, commenta la Presidente dell’Associazione La Nostra Famiglia Luisa Minoli. “È anche un momento per ricordare che mettere scienza e tecnica a servizio della carità è l’importante missione che ci è affidata e per guardare alle sfide che ci presenta il futuro della ricerca scientifica: sfide che vogliamo raccogliere per continuare a dare risposte che migliorano la qualità della vita delle persone con disabilità”.
Specializzato nel campo della neuroriabilitazione in età evolutiva, il polo di Bosisio è il luogo di cura per bambini e bambine con malattie neurologiche e neuromotorie, disturbi del neurosviluppo, oppure che hanno perso funzioni e competenze in seguito a traumi o tumori cerebrali. Su un’area di oltre 236.000 mq, è un complesso di strutture integrate, dai ricoveri ospedalieri agli ambulatori diagnostici e riabilitativi, dai laboratori di ricerca alle aule di formazione universitaria.
“Siamo un IRCCS e quindi lavoriamo per trasferire al letto del paziente ciò che nasce in laboratorio, trasformando la ricerca scientifica in pratica clinica”, spiega la dottoressa Maria Teresa Bassi, Direttrice Scientifica dell’Istituto. “Studiamo situazioni cliniche complesse con un approccio multidisciplinare, che interfaccia le alterazioni genetiche in gioco con le neuroimmagini e le alterazioni che si riscontrano sul piano anatomico. Il tutto in collaborazione con centri di ricerca, università e anche associazioni di pazienti nazionali e internazionali”.
“Ci confrontiamo con fattori genetici, epigenetici e ambientali”, le fa eco il dottor Massimo Molteni, responsabile della clinica e della ricerca in psicopatologia dello sviluppo: “tale complessità necessita di una conoscenza condivisa tra gli operatori ma anche con la famiglia, la scuola e tutto il contesto di vita del bambino. Ogni bambino è unico e la nostra sfida è trovare, tutti insieme, strategie che orientino positivamente il suo sviluppo. È una fatica micidiale, perché il modello del nostro sistema sanitario è reattivo, cioè risponde agli eventi e alle malattie, mentre il lavoro con i bambini richiede proattività e pianificazione, spesso assente nelle cornici normative”.
Se il modello vigente è fermo alla logica della riabilitazione post-evento dell’adulto, affiancare lo sviluppo di un bambino fin dal momento della nascita richiede invece di intervenire su tutti i contesti di vita.
«Non si tratta solo di fisioterapia” concorda la dottoressa Sandra Strazzer, responsabile dell’area neurofisiatrica: “il bambino deve essere seguito in modo complessivo, con un tronco di riferimento che coordina consulenze, valutazioni e interventi specialistici. Solo così la riabilitazione diventa il terzo pilastro della salute, insieme a prevenzione e cura, come indicato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. È un modello che consente di seguire la vita dei bambini nel tempo, traducendo la ricerca scientifica e l'evidenza clinica in strategie concrete e sostenibili, migliorando la presa in carico e la qualità della vita”.
Questo approccio globale e multiprofessionale riguarda anche le nuove tecnologie.
“Il focus è il bambino nella sua complessità, che deve essere al centro di una rete di conoscenze”, spiega il professor Giuseppe Andreoni, responsabile della ricerca in tecnologie applicate: “una volta si parlava di piramidi, oggi di piattaforme, che implicano connessioni, relazione tra mondi diversi che dialogano: medicina, tecnologia, design, università. È la dimensione stessa della cura che da verticale diventa orizzontale, condivisa”.
Gli specialisti quindi concordano: in età evolutiva riabilitare significa costruire un progetto di vita in divenire. Quindi non si tratta solo di recuperare una funzione, ma di immaginare un futuro per quel bambino e per la sua famiglia, che comprenda anche relazione con la scuola e il territorio: sono operazioni poco riconosciute dal sistema sanitario ma fondamentali per il benessere dei piccoli pazienti e per l’intera società civile.
“Bosisio Parini è un luogo che ogni giorno incamera sofferenza e restituisce scienza e speranza”, conclude il dottor Domenico Galbiati, già Presidente dell’Istituto: “è un laboratorio di coesione sociale, una carica positiva che vediamo concretizzata nelle famiglie, una grande risorsa morale e civile che irradia il territorio con diffusione carsica”.
Oggi gli IRCCS in Italia sono 54, sei dei quali dedicati alla riabilitazione. L’Istituto Medea è l’unico quasi esclusivamente focalizzato sull’età pediatrica e opera, oltre a Bosisio Parini, anche a Conegliano (Tv) e Pasian di Prato (Ud).