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Le relazioni familiari tra ricerca e intervento – Parte II

Guest editor: Donatella Fara

La diagnosi di disabilità come momento critico nella storia familiare
A. M. Sorrentino
Si intende sottolineare col presente lavoro l’importanza di un approccio terapeutico alla famiglia, durante la presa in carico di situazioni di handicap di pazienti in età evolutiva.
La famiglia infatti appare struttura complessa, messa a dura prova dalla malattia invalidante, sofferente allo stesso modo del paziente stesso e quindi meritevole di cura.
Tuttavia la famiglia si può anche considerare come risorsa fondamentale nelle situazioni di handicap e come interlocutore necessario della struttura riabilitativa. L’interfaccia tra i due sistemi interazionali, la struttura sanitaria e la famiglia, appare particolarmente significativa nel momento del pronunciamento diagnostico. Vengono date indicazioni operative perché tale momento possa essere utilmente gestito.

Adolescenza e stato cognitivo limite: prospettive di intervento familiare
E. Maino – U. Talpone
Uno degli scopi del presente contributo è quello di descrivere – sulla base dell’esperienza derivante dal nostro lavoro presso diversi centri di riabilitazione dell’Associazione “La Nostra Famiglia” – alcune delle dinamiche presenti all’interno di nuclei familiari con un figlio adolescente con un Funzionamento Intellettivo Limite. Abbiamo deciso di considerare tale deficit perché il suo presentarsi come deficit poco visibile e facilmente minimizzabile ha una forte ripercussione sulle richieste prestazionali fatte a chi ne è portatore, soprattutto durante un periodo di forti cambiamenti a livello individuale e familiare come quello adolescenziale.
In particolare abbiamo considerato quei nuclei familiari che giungono alla nostra attenzione di psicologi e psicoterapeuti della famiglia, in cui non è presente per il figlio una diagnosi di psicopatologia franca, né una situazione cronicizzata di disagio, ma dove piuttosto si evidenzia un blocco di quelle risorse che consentono di affrontare e superare in modo flessibile e creativo i momenti di passaggio evolutivo.
A partire dalla nostra esperienza clinica e dalla letteratura abbiamo identificato come una delle possibili cause di questo blocco evolutivo la mancanza di comunicazione e condivisione emotiva, derivante il più delle volte dall’aver sperimentato e dal continuare a riproporre lungo le generazioni un pattern di attaccamento di tipo evitante.
Dal nostro punto di vista, il counselling ad orientamento sistemico – come abbiamo cercato di evidenziare nelle storie cliniche riportate – può essere considerato un’efficace modalità operativa per sbloccare le risorse e aiutare ciascun componente della famiglia a far fronte alla crisi.

La condivisione del dolore in coppie con un figlio disabile
E. Maino
Il presente contributo si propone di presentare i risultati di una ricerca – condotta presso il Servizio di Psicologia della Famiglia dell’IRCCS “E. Medea” – i cui obiettivi erano, da un lato, quello di verificare le possibili ripercussioni di una diversa origine eziopatogenentica della disabilità per un figlio sul singolo genitore, dall’altro quello di identificare possibili fattori protettivi per la stabilità della relazione di coppia. In particolare, si voleva verificare se la possibilità di legittimare e dare voce a emozioni e sentimenti, nonché la possibilità di condividere quanto provato con il proprio partner, potessero costituire un importante aiuto nell’affrontare e dare un senso ad un avvenimento così doloroso e difficile da accettare quale è quello della nascita di un figlio disabile e nel favorire il mantenimento di un legame di coppia supportivo.
I risultati ottenuti hanno evidenziato nei genitori con un figlio con paralisi cerebrale infantile la centralità degli aspetti emotivi e l’importanza della loro condivisione come fattore protettivo per la stabilità della relazione coniugale; nei genitori con un figlio con sindrome malformativa, benché sia presente e possa considerarsi un fattore protettivo per la stabilità del rapporto la capacità di condividere con l’altro i propri vissuti emotivi, emerge una modalità di risposta agli eventi e alle relazioni centrata sulla razionalità e sulla capacità di valorizzare e accettare l’altro anche nei suoi limiti; infine nei genitori con figli sani i dati della ricerca mettono in luce la presenza di un’intimità che ha come punto di forza la capacità di esprimere all’altro i propri pensieri e vissuti, ma non la capacità di condividere i dolori. I risultati ottenuti, benché necessitino di ulteriori approfondimenti, presentano notevoli implicazioni.

Approccio trigenerazionale al lutto familiare
A. Canevaro
L’articolo prende in considerazione il ruolo che le risorse delle Famiglie di Origine (FO) possono ricoprire nello sblocco di processi terapeutici familiari fallimentari o in empasse terapeutica, anche durante una psicoterapia familiare svolta solo col gruppo familiare nucleare.
Malgrado la famiglia sia il luogo naturale dove si elabora una perdita, questo argomento è stato affrontato più dagli autori psicodinamici che da quelli sistemico-relazionali. L’Autore espone alcuni presupposti teorici sia di psicoanalisti che di terapeuti familiari sistemici e descrive una consulenza per un caso molto grave di lutto patologico in uno dei genitori di un figlio unico morto in circostanze drammatiche. Nel corso dell’intervento vengono convocate le FO e in un formato già collaudato di approccio trigenerazionale si riesce a stimolare le risorse familiari che favoriscono un riscatto terapeutico.
Un follow-up immediato a 3 mesi e tardivo a 7 anni dimostra il rientro di una grave patologia e la nascita di una elaborazione quasi normale del lutto nella coppia genitoriale.

28-Feb-2008 - © I.R.C.C.S. Medea