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Giornata delle Malattie Rare: storie di vita e di ricerca

Con l’aiuto delle Associazioni la scienza può rispondere ai bisogni di salute delle persone, come avviene ogni giorno nei Poli regionali dell’IRCCS Medea.

Le malattie rare oggi conosciute e diagnosticate sono circa 11.000 e interessano 300 milioni di persone a livello globale, un numero che certamente cresce con il progredire della ricerca scientifica. In Europa è considerata “rara” una malattia che colpisce circa 1 persona ogni 2.000 abitanti.
Tutte le persone affette da queste malattie incontrano le stesse difficoltà nel raggiungere la diagnosi, nell’ottenere informazioni, nel venire orientati verso professionisti competenti. Sono ugualmente problematici l’accesso a cure di qualità, il coordinamento tra le cure ospedaliere e le cure di base, l’autonomia e l’inserimento sociale.

L’IRCCS Medea si occupa di patologie genetiche rare neurologiche e del neurosviluppo, che colpiscono principalmente i bambini e gli adolescenti, in collaborazione con le maggiori Associazioni di pazienti. I Poli di Bosisio Parini (Lc), Conegliano (Tv) e Brindisi sono Presidi della Rete Nazionale delle Malattie Rare.

MIO FIGLIO EDOARDO, SPECIALE COME TUTTI GLI ADOLESCENTI

La diagnosi, le fatiche ma anche le opportunità e un incredibile talento per la vita. Il racconto di Marina, membro dell’Associazione Italiana Vivere la Paraparesi Spastica.

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“La diagnosi di una malattia rara è una specie di cazzotto in faccia. Lo è per qualsiasi patologia, ma per una malattia rara ancor di più”. Va dritta al sodo Marina Zapparoli, membro dell’AIVIPS, Associazione Italiana Vivere la Paraparesi Spastica.
“Mi sono accorta che Edoardo aveva qualcosa che non andava quando aveva un anno: presentava una rigidità notturna nel dormire e a me sembrava strano, perché quando uno dorme dovrebbe sentirsi sereno e tranquillo… Erano cose piccole però si sa, spesso noi madri siamo ansiose… Tre anni dopo ebbi la diagnosi di paraparesi spastica. Era il 2008, la prima cosa che feci fu cercare su internet ma non trovai nulla, solo qualcosa in Inglese”.
Da allora la conoscenza, l’attenzione e la ricerca hanno fatto passi da passi da gigante: se fino ad una decina di anni fa si faceva un’ipotesi diagnostica e si andava a cercare un’alterazione in un gene ben preciso - analisi che poteva richiedere anche 1 o 2 anni - oggi ci sono tecnologie diagnostiche in grado di analizzare in poche settimane fino a circa 6.000 geni: “siamo in grado di dare una risposta diagnostica a quasi il 60-70% delle persone con malattia rara. E’ una buona percentuale, ma la ricerca ora deve continuare a lavorare sulle terapie”, spiega la dottoressa Grazia D’Angelo, responsabile della UOC Riabilitazione Specialistica Malattie Rare del Sistema Nervoso Centrale e Periferico dell’IRCCS Medea di Bosisio Parini.
La terapia risolutiva è quella della correzione genica che può cambiare radicalmente il decorso della malattia. Così è stato per la SMA, L’IRCCS Medea di Bosisio Parini e di Brindisi, entrambi Presidi regionali per le Atrofie Muscolari Spinali, sono tra i centri italiani autorizzati alla prescrizione di terapie in grado di modificare l’espressione genica. Per altre malattie, invece, la ricerca è ancora in una fase sperimentale: “E’ importante però non solo la ricerca terapeutica in ambito genetico ma anche in quello farmacologico, per una migliore gestione delle problematiche mediche, per un miglioramento delle aspettative di vita e soprattutto della qualità della vita”, prosegue la dottoressa D’Angelo.
Fondamentale a questo proposito è la partnership con le Associazioni, come spiega la signora Zapparoli: “oggi, grazie ad AIVPS – ma è così per tutte le associazioni che si occupano di malattie rare – le famiglie possono conoscere quali sono i centri specializzati e dove si possono avere le cure migliori, ma non solo: tra di noi riusciamo a capirci, è un po’ come se tutti parlassimo la stessa lingua e così possiamo condividere le difficoltà di tutti i giorni, che sono tantissime”.
Da non trascurare il carico di sofferenza psicologica, che va affrontato con l’aiuto degli specialisti e con quel talento umano che ciascuno riesce a mettere in campo: “indubbiamente è stato difficile, ci abbiamo messo un po’ a risalire la china, ma poi - non vorrei sembrare blasfema - è stata un'opportunità di crescita per tutti noi. Spesso nelle abitudini rischiamo di sederci: ecco, con la mia famiglia siamo riusciti a cambiare modalità di vita, per certe cose in meglio, e a creare qualcosa di nuovo. Ovvio che c'è la fatica, non voglio sminuire nulla, ma se si guarda da un altro punto di vista in realtà ci si rende conto che ci sono opportunità gigantesche. Edoardo è un adolescente speciale - ma in fondo siamo tutti speciali - e ha fatto già tantissime esperienze che altri della sua età non hanno fatto: ha conosciuto persone interessanti, ha fatto sport, è stato perfino testimonial di Telethon in TV… Ecco, abbiamo cercato di fargli vedere l'altra parte, tutto quello che c'è e non tutto quello che non c'è. Ora è adolescente per cui non vede niente… scherzo! Sono fiduciosa e sicura, perché lui ha una capacità di vedere e di capire le persone, ha una capacità di ascolto molto, molto forte. Quindi, insomma, non siamo felici che Edoardo abbia la paraparesi spastica, ma ne abbiamo fatto un punto di forza, perché alla fine è questo che succede a tutti, se ne fai la tua forza tutto ha un altro sapore”.

ATASSIA DI FRIEDREICH: A CONEGLIANO RIABILITAZIONE E RICERCA
La atassia di Friedreich (FRDA) è una rara malattia neurodegenerativa ereditaria causata da un’anomalia del gene che codifica per una proteina denominata fratassina (FXN). Insorge generalmente in età infantile o adolescenziale manifestandosi con incoordinazione degli arti e del cammino, alterazione della sensibilità, alterazione del linguaggio, debolezza e coinvolgimento variabile di vista e udito. La malattia comprende anche segni non neurologici, come scoliosi, piede cavo, cardiomiopatia ipertrofica e diabete mellito. La FRDA ha un impatto devastante sulla qualità della vita con progressiva perdita della funzione motoria e delle autonomie. Al giorno d’oggi non esiste una terapia in grado di curarla o di arrestarne la progressione.
Per fornire delle risposte ai pazienti, nel Centro di riferimento per le malattie rare IRCCS Medea di Conegliano da diversi anni viene proposto un percorso riabilitativo multidisciplinare basato sul concetto ICF (classificazione internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute), che consente un mantenimento nel tempo delle capacità funzionali e garantisca quindi un miglioramento della qualità di vita. Risulta quindi molto importante la precocità dell’intervento riabilitativo con l’intervento di fisiatra, neurologo, cardiologo, ortottista, fisioterapisti, logopedisti, neuropsicologi, terapisti occupazionali, educatori ed infermieri.
Riabilitazione anche con la realtà immersiva
In associazione alla tradizionale fisioterapia, al Medea si utilizzano specifiche apparecchiature per la riabilitazione come il Bimeo, uno strumento tecnologico con la possibilità di lavoro unimanuale e bimanuale, e la pedana stabilometrica, con la possibilità di lavoro in stazione eretta e in posizione seduta per migliorare la stabilità posturale. Recentemente è stata introdotta per i giovani pazienti la realtà virtuale con il “Nirvana”, sistema di stimolazione multisensoriale immersiva.
Presso il polo opera anche un centro di consulenza per gli ausili e per la valutazione specifica delle capacità di guida e un servizio di consulenza di chirurgia funzionale per migliorare l’assetto posturale dell’arto inferiore. Inoltre, nei casi di aumento del tono muscolare, vengono eseguiti inoculi di tossina botulinica. Nell’ambito di un progetto di sperimentazione riabilitativa, è stato testato il potenziale effetto aumentativo della stimolazione elettrica diretta transcranica (tDCS) a livello della corteccia motoria primaria e del cervelletto.
Studi sperimentali e trial clinici: i fronti di ricerca aperti
Non esistono ad oggi terapie risolutive per la malattia, ma sono numerosi i trial clinici in corso per sperimentare l’efficacia di vari approcci. “Mentre siamo certi che la FRDA sia causata da deficit nella produzione ed espressione di fratassina, il ruolo di tale proteina non è ancora stato chiarito in modo esaustivo – spiega Andrea Martinuzzi, Responsabile Scientifico del Polo Veneto del Medea -. Dalla letteratura sappiamo che è una proteina presente nei mitocondri che molto probabilmente è responsabile della regolazione degli enzimi del cluster ferro-zolfo all'interno della cellula. La diminuzione della fratassina provoca disfunzione della sintesi di adenosina trifosfato, accumulo di ferro mitocondriale e aumentata sensibilità allo stress ossidativo con un conseguente accumulo di metalli e una ridotta attività della catena respiratoria mitocondriale. Tale processo determina la produzione di radicali liberi con conseguente morte cellulare”. Lo sviluppo terapeutico per la FRDA si concentra sul miglioramento della funzione mitocondriale e ricerca dei modi per aumentare l'espressione della fratassina.
Recentemente il Medea è stato promotore di uno studio sperimentale con Etravirina con risultati preliminari incoraggianti.
Yvan Torrente, responsabile del Laboratorio di Cellule Staminali del Centro Dino Ferrari al Policlinico di Milano, ha condotto un interessante studio sulla somministrazione di nanoparticelle di atomi d’oro in FRDA, che determina una diminuzione del danno ossidativo e un miglioramento della funzionalità mitocondriale sia su cellule di soggetti affetti da FRDA che in modelli murini della FRDA.
Altro ambito estremamente interessante è quello biologico. Sono necessari ulteriori studi per esplorare come la riduzione dei livelli di fratassina contribuisca alla patogenesi della FRDA, chiarire il difetto mitocondriale “a monte” e trovare un bersaglio farmacologico specifico per potenziali terapie.
La terapia genetica, un'alternativa ai classici trattamenti a base di farmaci, sta continuando a registrare progressi verso il traguardo della applicazione clinica per diventare una valida e risolutiva opzione terapeutica.

A BRINDISI TERAPIA GENICA PER SMA E DISTROFIA MUSCOLARE DI DUCHENNE
Negli ultimi anni la comprensione delle cause genetiche delle malattie rare sta consentendo di sviluppare nuovi farmaci con sistemi innovativi basati su tecnologie genetiche. È quello che sta accadendo nel campo delle malattie neuromuscolari, in particolare per l’atrofia muscolare spinale (SMA) e per la Distrofia Muscolare di Duchenne. Oggi l’IRCCS Medea di Brindisi è uno dei pochi ospedali autorizzati per l’avvio delle nuove terapie quali nusinersen, onasemnogene abeparvovec, risdiplan, ataluren, farmaci innovativi con meccanismo di azione di tipo genico. Nel caso dell’atrofia muscolare spinale (SMA) queste terapie hanno determinato una vera e propria rivoluzione terapeutica che ha cambiato la storia naturale della malattia permettendo ai bambini affetti miglioramenti significativi nelle capacità motorie e la riduzione del rischio di morte. Anche nella Distrofia Muscolare di Duchenne sono diverse le strategie terapeutiche messe in atto per contrastare la degenerazione muscolare caratteristica di questa grave malattia rara. Tra queste anche la terapia genica, farmaci genici che utilizzano meccanismi di azione di “exon skipping”, o piccole molecole quali l'ataluren, terapia di tipo genico oggi autorizzata per il trattamento delle forme di Distrofia Muscolare di Duchenne conseguente a una mutazione nonsense nel gene della distrofina.
“Oltre le malattie neuromuscolari con le terapie di tipo genico, l’IRCCS è impegnato anche in altre malattie rare pediatriche che possono giovarsi di nuove e innovative terapie quali il cannabidiolo, derivato della Cannabis, per le encefalopatie epilettiche rare quali la Sindrome di Dravet e la Sindrome di Lennox Gastaut o l’everolimus, un inibitore selettivo della molecola mTOR nella Sclerosi Tuberosa, malattia genetica caratterizzata dallo sviluppo di numerosi tumori benigni in organi differenti, in particolare la pelle, il cervello e i reni”, spiega Antonio Trabacca, Responsabile Scientifico del Polo di Brindisi del Medea.
Il Polo di Brindisi dell’IRCCS Medea è parte integrante della Rete delle malattie rare in Puglia, nata nel 2004, prima rete clinica pugliese formata da 6 Ospedali Presidi di Rete Nazionale (PRN). Il Medea è uno di questi 6 ospedali, rappresentando anche un Nodo della Rete delle Malattie Rare della Regione Puglia.

Nel campo delle malattie rare in età pediatrica il Polo garantisce percorsi di diagnosi e di presa in carico precoci e tempestivi con un approccio multidisciplinare integrato fra tutti gli specialisti in modo da caratterizzare e condividere l’intero percorso di cura del bambino, non tralasciando la sua famiglia.
L’IRCCS Medea di Brindisi, i suoi laboratori, le tecnologie utilizzate in ambito sanitario e di ricerca sono a disposizione a partire da oggi e per tutta la settimana per tutti coloro che vogliono avere maggiori informazioni sulle malattie rare in età pediatrica.

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