Un modello di machine learning predice la decisione diagnostica del clinico con un tasso di accuratezza dell'82%. Lo studio del Medea pubblicato su “European Child & Adolescent Psychiatry”.
Negli ultimi anni i servizi sanitari di tutto il mondo sono stati coinvolti in un progressivo processo di digitalizzazione. La pandemia di COVID-19 ha velocizzato questa tendenza, portando a un aumento dell’applicazione di processi di telemedicina anche nell’ambito della salute mentale. Tuttavia, sono ancora pochi gli studi che accertino la validità e l'affidabilità dei dati clinici raccolti tramite piattaforme online, in particolare in Italia, specie per l’età evolutiva.
Un gruppo multidisciplinare di clinici e ricercatori dell’IRCCS Medea ha recentemente condotto uno studio pionieristico nel campo della intelligenza artificiale a supporto dei percorsi diagnostici nel disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista “European Child & Adolescent Psychiatry” (IF 5.349). Scopo dello studio è stato quello di indagare in quale misura un modello di intelligenza artificiale (machine learning) possa “predire” la decisione diagnostica effettivamente presa dai clinici sulla base delle informazioni fornite tramite questionari online compilati da genitori e insegnanti. A tal fine, sono stati analizzati i dati socio-anamnestici e comportamentali raccolti online dalla piattaforma MedicalBit, progettata e sviluppata dal Medea, relativi a 342 bambini e adolescenti, di età tra i 3 e i 16 anni, che hanno avuto accesso al Polo NPIA di Bosisio Parini per sospetta diagnosi di ADHD.
I dati sono stati analizzati mediante un modello di machine learning - il decision tree - che è stato utilizzato per simulare il processo clinico di classificazione, basandosi esclusivamente sui dati raccolti attraverso i questionari online. Il modello di intelligenza artificiale sviluppato ha identificato le regole decisionali che i clinici adottano per porre una diagnosi di ADHD al termine del percorso clinico con un tasso di accuratezza dell'82%: dato assolutamente sorprendente. Il modello ha indicato inoltre come elemento di complessità la presenza di concomitanti sintomi riferibili ad altri problemi del neurosviluppo, in particolare sintomi autistici, indicando chiaramente quali debbano essere le vie delle future ricerche per affinare i modelli decisionali di intelligenza artificiale.
In sintesi, lo studio ha dimostrato come le procedure di telemedicina, integrate da modelli di classificazione basate sulla intelligenza artificiale, possano essere efficaci ed affidabili nel fornire un’indicazione di probabilità di rischio diagnostico di ADHD.
Questo potrebbe portare in un futuro prossimo ad un importante ripensamento dei modelli organizzativi clinici della attività di NPIA, orientando un utilizzo preminente delle risorse per i casi che il sistema evidenza come “incerti” e che necessitano quindi di maggiore attività diretta da parte dell’equipe clinica. Infatti, partendo dalla pre-selezione effettuata dagli algoritmi di machine learning, sarebbe possibile riorientare il lavoro clinico-diagnostico, con una riduzione anche significativa dei tempi che intercorrono tra le prime richieste di intervento da parte delle famiglie e la decisione clinica finale: a tutto vantaggio di una maggior rapidità nell’intervento terapeutico successivo.
L’IRCCS Eugenio Medea ha sviluppato la piattaforma MedicalBit già prima della pandemia, affiancandola al lavoro delle equipe cliniche che si occupano dei disturbi del neurosviluppo: “la telediagnostica è stata nel nostro studio integrata con approcci di intelligenza artificiale basati su machine learning – spiega Paola Colombo, Responsabile del Medea SmartLab, Laboratorio di innovazione digitale per la clinica e la ricerca applicata in psicopatologia dell'età evolutiva -. In prospettiva, questi sistemi potrebbero contribuire anche ad individuare in maniera oggettiva i criteri di priorità e forse anche una differente modalità di sviluppo della rete curante in questa specifica attività”.
https://link.springer.com/article/10.1007/s00787-023-02145-4